(di Francesco Galasso)
Qualcuno avrà notato che sui miei rinvii e discensori c’è la scritta “chianiello” per non confonderli con quelli degli eventuali compagni di cordata. Il Chianiello è la montagna da dove è iniziata la mia passione ed è l’associazione che mi ha adottato come mowgli. Pensate che dei miei rinvii persi in parete sono stati ritrovati, da amici in molise e in calabria e sono sempre ritornati al mittente, segno forse che quel nome in bassorilievo su quegli attrezzi metallici mi segue davvero dappertutto.
Il Chianiello per me è il mio Giordano, lì ho ricevuto il mio battesimo della montagna , lì ho provato le mie prime salite, lì ho incontrato i miei primi compagni di cordata e lì ho chiodato la mia prima via di arrampicata. Si, anche il battesimo della roccia , testimoni di quel giorno memorabile, il mio primo compagno di cordata, Francesco, a farmi sicura e Catiello ad aiutarmi col suo immancabile “putaturo” (Falce) ad estirpare rovi e piante dalla parete.
Chiodai quella via con un generatore di elettricità a benzina , una prolunga di oltre 20 metri e un trapano tassellatore elettrico. Avevamo acquistato i primi spit-fix inox io e francesco ,coi risparmi di un mese, volevamo dedicare alcune vie ai nostri padri putativi moscardini che ci avevano regalato la prima corda di arrampicata, stimolandoci e invogliandoci nell’intraprendere i viaggi verticali, quindi il nostro primo corso base di arrampicata… solo qualche mese prima della mia prima via chiodata.
Catiello quel giorno ci diede una grande mano, ricordo ancora la fatica per trasportare quel pesantissimo generatore tra i sentieri e le scale, estirpare piante, chiodare e disgaggiare. In quel sudore si unì la giovialità dell’avere con noi Catiello, un personaggio unico e particolare, ci raccontava delle sue improbabili avventure , e dei consigli abbastanza strambi sull’opera che stavamo realizzando, era in compagnia del suo lupo e del suo “putaturo”. Donava perle di saggezza e di fantasia, mi colpì il racconto su una pietra, chiamata “elefantone”, spiegò che tempo addietro, forse secoli prima, un uomo trovò una pietra e sentenziò che quella pietra fosse la più grande di tutti i monti lattari e del cerreto, una pietra alta 50 chilometri e la chiamò appunto “elefantone”, era proprio il luogo dove stavamo chiodando..ma in realtà quella piccola falesia è un luogo molto limitato, sarebbe più vicina all’idea di boulder che a quella di falesia. Quel giorno chiodai la mia prima via: “‘o putaturo ‘e catiello” . Dedicandola al mio desueto amico Catiello che rese quella giornata ancora più divertente.
Catiello non c’è più e ho il cuore triste perchè un viaggiatore di montagna che è stato nei racconti più piacevoli dei miei primi sentieri per il cerreto, se ne va… Ciao Catiello!
Il Sergente Catiello
(di Modestino D’Antonio)
Da ‘La Breccia di Chiunzi’: “Il nuovo sergente si chiamava Catiello di Porta, un tipo longilineo, con le guance scavate, da sembrare come uno che non mangiava da un secolo, con due occhi da corvo e due orecchie da coniglio”. Parla Gioannino Meccia: “Catiello, il sergente, lo conosco da parecchio tempo, quando io fui nominato sergente, lui lo era da cinque anni, Come, perché e per quali meriti sia stato promosso non li conosco, ma credo che in questo ci sia stato lo zampino o meglio la ‘longa manu’ del suo compare, Felice Caiazzis, un notabile del Ducato.
Catiello è un tipo ombroso, si adira subito, non sa leggere e scrivere, e piuttosto duro di comprendonio, e i soldati si divertono a stuzzicarlo, soffre di allucinazioni e di vuoti di memoria.” Catiello, Moscardino d’onore, era tra di noi da venti anni, quando la sede era Piazza Doria e si stava in piedi, con qualsiasi tempo, a parlare di montagne e di escursioni. Allora era tempo anche di rivalità; ricordate le sfide tra Marcello e Pistone? Così come dovete ancora avere ricordo dei duetti tra Catiello ed Ocalan; una volta arrivarono a sfidarsi a duello dopo che Catiello aveva pubblicamente schiaffeggiato Ocalan, ma finì con un abbraccio, Catiello, ingenuo, facile all’incanto e alla meraviglia, raccontava di creature fantastiche e di animali inverosimili e guai a contraddirlo.
Una volta ci raccontò che lungo un sentiero aveva incontrato un serpente di colore bianco e lungo centocinquanta metri, un’altra volta ci disse che aveva tagliato una ‘pertica’ di cinquanta metri e che gli doveva servire per ‘scognare’ l’albero di noce che aveva nel cortile. Appena si levava, però, una voce o una risata per contraddirlo, si rabbuiava, si alzava e: ‘Aggiò capito, non capite niente, mò me ne vaco e buonasera!’. E prendeva la porta d’uscita e quando pioveva anche il primo ombrello che trovava. Una sera si portò a casa l’ombrello di Padre Egidio, per non parlare dei cappellini e delle camice stese al sole sotto la grondaia della ‘Casa del Guardiano’ che puntualmente si portava via, lasciando, però, la sua roba. Dopo la ristrutturazione della ‘Casa del Guardiano’, affidammo a Catiello la custodia del ripostiglio degli attrezzi e lui fiero di tale responsabilità se ne saliva la mattina con il suo cane sul Chianiello, apriva la porta e stava ad aspettare. La sera veniva in sede e ci rapportava sullo stato dei luoghi. La ‘Porta di Catiello’ divenne un luogo quasi sacro, e da questo il nome di Catiello di Porta, uno dei protagonisti de ‘La Breccia di Chiunzi’, già menzionato. Francesco gli volle dedicare una via chiodata, la prima, sulla roccia che incontriamo a metà sentiero del Chianiello, per l’aiuto che Catiello gli aveva dato e la chiamò “ ’o putaturo e Catiello’. Memorabile la sua partecipazione alla ‘Festa dei Ciucci’ a Frasso Telesino, ospiti di Amerigo, di cui abbiamo perso le tracce (per ritrovarle ci deve pensare Salvatore, l’ingegnere).
Bisognava tenere a battesimo l’ultimo nato dell’allevamento di asini e Catiello si propose per fargli da ‘compare’. Catiello sosteneva che in virtù del fatto che quando era in fasce la mamma gli dava del latte di asina, cosa che gli permise, tra l’altro di ripetere la prima elementare per tre volte, aveva tutti i requisiti per poter aspirare a tale ‘onore’. Si presentò alla cerimonia con un paio di orecchie di cartone e in groppa al ‘cumpariello’ fece un giro d’onore tra gli applausi dei convenuti. La cerimonia si concluse poi con un banchetto fungaiolo a Cusano Mutri. Un giorno con Catiello stavo cercando un nuovo passaggio tra rovi e arbusti, io davanti imbrigliato tra spine e rami e Catiello dietro. Sentii dei rumori e mi voltai e vidi Catiello che con il suo ’putaturo’ sfrondava e tagliava. Lo invitai a passare avanti per facilitare il nostro cammino, ma lui mi rispose: << No! Continua tu avanti io pulisco per il ritorno!>>. Catiello, oggi non c’è più, ci ha lasciato da pochi giorni. Sapevamo che andava sempre peggio e da qualche mese non lo incontravamo più; le ultime volte l’abbiamo visto in giro con il suo fedele lupo che pazientemente lo riaccompagnava a casa quando Catiello smarriva la strada. Eduardo ci ha raccontato che la figlia ha voluto che il suo cappellino di Moscardino lo accompagnasse nell’ultimo viaggio e questo ci ha commosso, segno che Catiello ci voleva bene e mai ci ha dimenticato. E noi continueremo a volergli bene come Moscardino e come compagno di tanti sentieri e di tante montagne. Quando sul Chianiello apriremo la ‘Porta di Catiello’, un pensiero sarà sempre per Lui. Ciao Catiello !